È cominciato un nuovo anno, ed è inutile che vi dica che spero sia migliore dei due precedenti. In fin dei conti il Tempo è totalmente ignaro delle nostre suddivisioni convenzionali in mesi, giorni e settimane. E il corso degli eventi non è certo influenzato da un numero in più sul calendario.
Citando il famoso libro del Prof. Marcello D’Orta, l’unica cosa che voglio augurarvi per il 2022 è: noi speriamo che ce la caviamo.
Detto ciò, in tema di nuovi inizi, mi è venuto in mente di omaggiare gli affezionati lettori di Più di due con un brano tratto dal mio romanzo “Lucertole”. Si parla di una nascita, un inizio nuovo e puro, dedicato a Greta, a tutte le mie figlie e a tutti i bambini mai nati.
Spero che sia un pensiero gradito e che vi faccia ricordare che, tutto sommato e nonostante tutto, la vita in sé è una gran bella cosa.
“Un gran buio. Non vedevo nulla, eppure sapevo tutto. Ero racchiusa come il tuorlo di un uovo dentro al suo guscio, nella mia morbida, rossa culla. Era calda e rotonda: perfetta. E tutto ciò che mi dava io lo prendevo. E tutto ciò di cui avevo bisogno, lei me lo dava. Ero nel posto in cui dovevo essere, nella perfezione delle cose. Il mio corpo era plasmato per quello spazio, eppure pronto per qualcosa di infinitamente diverso: il Mondo Esterno. Non sapevo cosa fosse. A dire il vero non sapevo neanche che ci fosse, un mondo esterno. Tutto ciò che percepivo era parte del mio mondo, il mio intimo, privato nido, dove nulla esisteva, tranne esso stesso e ciò che conteneva. Io e lui eravamo una cosa sola, inconsapevolmente, beatamente. (…)
Ero nell’Età dell’Oro della mia vita. Beata, nel fluido galleggiamento della mia matrice, unita inscindibilmente a ciò che mi teneva in vita, dopo avermela donata. Non vedevo niente. Ma sapevo tutto. Ero così vicina a ciò che è oltre la vita, ero a così stretto contatto col principio primo di vita, che la mia empatia con l’Universo era quasi totale. Io ero l’Universo intero. In quei giorni, quando sentivo il mio muso bagnato, la mia bocca riempirsi di liquido, e guardavo, senza vedere, le mie mani aprirsi, ero così intimamente connessa alla verità del Mondo che non si sarebbe potuto dire dove passasse il confine tra la vita e la non vita. Ma tutto questo l’ho dimenticato. (…)
Un giorno un turbinio di sensazioni mi investì con tanta forza da spaventarmi. Per la prima volta ebbi paura. Tutto si trasformava, il mio Mondo veniva meno, sembrava aver intrapreso una rivoluzione contro di me. Tanti rumori, insoliti, e sensazioni fisiche, pressione, vibrazioni. Poi, all’improvviso, la luce. Fu la cosa più magnifica che mi fosse mai capitata. Fui abbagliata da qualcosa di maestoso, che mi avvolse come una doccia gelata lasciandomi esterrefatta. E il freddo. Improvvisamente tremavo, il mio caldo cuscino amniotico mi aveva abbandonata, e io avvertivo le gocce umide e fredde su tutta la superficie del mio corpo tremante e irrigidito. Provai a rannicchiarmi come facevo di solito, ma non ci riuscivo, e sentii nel contempo che qualcosa sul petto mi premeva forte, come se mi stessero schiacciando, come se il mio piccolo torace stesse collassando dentro sé stesso. Urlai. E fu la mia prima volta. Urlai e mi si riempì la gola di aria, poi giù, fin nei più nascosti alveoli, e fu una sensazione tremendamente sgradevole. Il freddo ora mi avvolse da dentro, come se avessi mangiato un blocco di ghiaccio. Ma ero viva. Tremante, urlante, bagnata e infreddolita. Impaurita, sola senza l’altra parte di me, la mia culla. Così mi sentii viva per la prima volta. Ma anche questo l’ho dimenticato. (…)”
Da Lucertole, Cap.12 Greta
Puoi contattarla su Instagram lauraminguelldellungo o Facebook Laura Minguell Del Lungo
Laura ha scritto due romanzi: “Lucertole” e “Gli angeli di Barcellona”. Per approfondire o acquistare i suoi libri: LaVitaFelice.it e Amazon.it : laura minguell del lungo