Il miracolo a cui mi riferisco non ha nulla a che vedere con la commedia francese dallo stesso titolo di questo articolo.
Magari un elfo venisse in mio aiuto, come nel film. Mi farebbe davvero comodo. Perché?!
Prendete il numero di regali di Natale che considerate adeguato per un bambino; moltiplicatelo per quattro (che è il numero delle mie figlie); poi aggiungete le quattro calze della Befana con il loro contenuto: ecco, questo sarebbe il mio Natale.
Ma non è finita qui.
Vivo in territorio spagnolo, e più precisamente in Catalogna. Qui, non solo si festeggia tradizionalmente l’Epifania con l’arrivo dei Re Magi, che portano i doni proprio come Babbo Natale (considerate il numero di regali adeguato per ogni bambino e moltiplicatelo per quattro, poi sommatelo al risultato ottenuto precedentemente); ma in questa mia terra paterna, inoltre, esiste una tradizione alquanto curiosa, per non definirla in altro modo: quella del Tió Caganer.
Trattasi letteralmente del Ciocco Cagatore, ovvero un pezzo di legno che, dopo aver subito un processo particolare di nutrizione, a base di bucce di frutta e pane secco, e di riscaldamento tramite una coperta nei giorni precedenti il Natale, è pronto a cagare (sic) sorprese natalizie.


Il miracolo avviene il 24 o 25 di dicembre, quando il Ciocco viene sbattuto con dei bastoni dai bambini della casa, accompagnando le percosse con canzoncine di incoraggiamento (che fanno più o meno così: “Caga, Ciocco, Ciocco di Natale; non cagare aringhe che son troppo salate, caga torroni che sono più buoni!”).
Al termine del bizzarro rituale, si svolge la coperta in cui è nascosto il Tió, rivelando così il frutto dello sforzo defecatorio del tronco, con grande giubilo degli infanti. L’operazione viene ripetuta diverse volte, fino a che il Ciocco, stanco di tanta produzione, elimina la sua ultima deiezione in forma di carbone. Questo avvenimento sancisce la fine del processo miracoloso.
Da segnalare, per i più scettici, che tra una cagata e l’altra (non vorrei essere scurrile, si dice proprio così), i bambini devono recarsi in un’altra stanza a scaldare i bastoni presso camini, stufe o termosifoni. Nel frattempo il Ciocco si prepara alla successiva seduta…
Ve lo giuro, non vi sto prendendo in giro: è tutto vero!
Quindi, al numero che avete calcolato prima, aggiungete i mini-regalini necessari a ogni cagata del Tió, moltiplicato per il numero dei bambini, che si ottiene sommando il numero delle mie quattro figlie con quello dei vari cuginetti e cuginette.
Mi state compatendo?
Comprenderete, quindi, che da me i preparativi per il Natale cominciano a fine ottobre, superato il compleanno della primogenita, che definisce un po’ anche quali regali siano rimasti da poter fare.
Perché la verità è che non abbiamo bisogno di niente. E non lo dico io, madre fricchettona o pauperista, che veste i figli di iuta e gli lava i denti col bicarbonato; né tantomeno genitrice riccona che non sa più come spendere il danaro.
Ma lo dicono le mie figlie, non so se per l’educazione ricevuta o per un innato senso di responsabilità. Ogni anno, quando tocca scrivere la lettera a Babbo Natale, la loro domanda tipica è: “Che possiamo chiedere? Abbiamo già tutto!”.
Il ché mi inorgoglisce, perché è indice della loro educazione parca e non consumistica, ma mi fa anche gioco, perché posso imbeccarle, ostentando spontaneità e disinteresse, nel suggerire loro i regali che ho già acquistato.
Vi starete chiedendo: “Ma se hai detto che non avete bisogno di niente, perché procurarsi questa gran quantità di donativi?”.
Be’, perché a Natale si ricorda la nascita di un Bambino. È quindi la festa dei bambini, dal mio punto di vista, e ritengo che poche cose li rendano felici come la sua magia, che sfida qualsiasi regola della fisica e ogni buonsenso, che contrasta con le leggi della natura insegnate a scuola e che ha la capacità di far sognare anche Elena, che a dieci anni ancora crede ciecamente al miracolo natalizio.


Voglio che le bimbe vivano e poi, da grandi, ricordino il Natale così, con il calore invernale della casa, la tranquillità dello stare riuniti, il profumo del pranzo di Natale, il divertimento di un gioco da tavola tutti insieme, l’albero pieno di luci e la montagna di regali tutt’attorno.
Quando io avevo sei anni, a causa della mia inopportuna curiosità, frugai nell’armadio dei miei genitori (probabilmente volevo solo nascondermi) e trovai tutti i regali di Natale pronti per essere incartati. Finì così per me la magia del Natale.
Sarò rimasta traumatizzata, o forse da allora ho solo coltivato il grande desiderio di perpetuare la fantasia di quel signore allegro e panciuto che passeggia nei cieli con le sue renne volanti.
Fatto sta che, una volta cresciuta, per le mie figlie ho voluto ricreare un Natale davvero magico, denso di avvenimenti incredibili, visite notturne speciali nella casa addormentata, sorprese a non finire.
Non si tratta di grandi regali, di solito sono molte cose ma piccoline, che riparto tra i vari personaggi del Natale: libri, capi d’abbigliamento che dovrei comunque acquistare, qualche gioco educativo, prodotti di bellezza e igiene, materiale di cancelleria e complementi utili. Di solito acquisto anche prodotti benefici, come quelli di Emergency, Medici Senza Frontiere o Legambiente.
Tra i miei valori non ci sono i beni materiali, anche se do valore agli oggetti, per la storia che si portano appresso, per chi li ha fabbricati e per chi ha speso i propri soldi per acquistarli. È anche una questione di etica ambientale: è necessario ridurre l’impatto degli esseri umani sul pianeta, anche diminuendo il consumo dei materiali che poi devono essere smaltiti, dai vestiti ai giocattoli, agli imballaggi. Amo quindi il recupero e il riciclo, cerco di evitare lo spreco. Lo faccio nonostante ciò cozzi un po’ con i problemi di spazio che genera l’avere quattro figli. Anche perché i regali devono poi rimanere nascosti in casa fino al fatidico giorno.
Cerco di pensare quindi a oggetti che non ingombrino, a meno che non siano estremamente utili o che abbiano un fine creativo; evito per quanto possibile la plastica; se trovo ciò che cerco di seconda mano in buone condizioni non sono schizzinosa; prediligo materiale creativo che poi si esaurisce, e i libri, che sono una fonte inesauribile di acquisizioni. Cerco di scegliere prodotti sani ed etici, nel rispetto dell’ambiente, degli animali e del lavoro umano, possibilmente inserendo qualche donazione a enti benefici. Credo che un Pianeta sano sia il miglior regalo per i nostri figli e per chi verrà dopo di loro.
Insomma, cerco di fondere i miei principi e i miei valori con la festa di un Natale sempre sfarzoso agli occhi delle bambine.
Da un paio di anni partecipa più attivamente a questo miracolo di Natale anche mio marito, forse dopo essersi accorto che per portare a termine la magia avevo bisogno di un elfo che mi venisse in soccorso. Passare le serate a incartare pacchetti in silenzioso segreto, mentre le bimbe dormono due piani più su, è diventato anche un nuovo modo complice di stare insieme.
Abbiamo cambiato paese, città e case, ma ogni anno il Natale si celebra con le stesse caratteristiche in casa nostra. Senza falsa retorica, né melensi buonismi, in cui spesso l’ipocrisia la fa da padrone. Perché si dice che a Natale bisogna essere più buoni e ricordarsi del prossimo, ma poi lo si trasforma nella festa dell’abbondanza, del consumismo e dello spreco, quando in tutte le case il presepe dovrebbe ricordarci che Gesù nacque in una stalla, al freddo, e che la sua culla era una mangiatoia.
Per questo Babbo Natale, i Re Magi, la Befana e anche il mitico Tió, a casa mia sanno sempre ciò di cui le bimbe hanno bisogno. Se loro chiedono cose che hanno già, o che sono davvero superflue, i magici personaggi non gliele portano.
Qualche desiderio lo soddisfano, regalando al buon bisogno strumenti musicali, attrezzatura sportiva, testi per imparare il giapponese e album di scratch.
L’anno scorso Greta chiese ai Re Magi una foto dei loro cammelli, e Irene quest’anno ha chiesto a Babbo Natale una foto delle sue renne. Devo dire che ci facilitano il lavoro!
Comunque, per riuscire ad accontentare i loro minuscoli desideri, riempire ogni appuntamento del Natale di meraviglia, non spendere cifre vergognose, avere tutto pronto in tempo, ricordarsi anche dei meno fortunati e soprattutto non farsi scoprire, ci vuole veramente un sacco di magia. E questo è un po’ il mio miracolo di Natale, che si ripete da dieci anni.
Per cui, quando Elena mi chiederà: “Ma è vero che Babbo Natale, i Re Magi e la Befana non esistono? Che il Tió è un tronco normale?”, credo che le risponderò: “Tutti loro esistono, solo che stanno ammonticchiati dentro Mamma e Papà”.
Senza meno siamo noi le creature più magiche, per essere riusciti in tante imprese natalizie senza farci mai scoprire.

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Oltre a tenere questa rubrica, Laura ha scritto anche due romanzi: “Lucertole” e “Gli angeli di Barcellona”. Per approfondire o acquistare i suoi libri: LaVitaFelice.it e Amazon.it : laura minguell del lungo